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Il genio terapeutico di Milton Erickson

Pennati Ambrogio (1992)

 

Dopo un breve cenno biografico l'autore esamina la posizione teorica e le tecniche psicoterapeutiche di Milton Erickson, proponendo contemporaneamente una rassegna essenziale dei principali ,studi sull'opera di questo grande ipno e psicoterapeuta. SUMMARY The paper is aimed to introduce to the hypnotic and psychotherapeutic work of Milton Erickson. After a short biography, the author outlines the framework of ericksonian techniques, with peculiar focus on Erickson's view of unconscious, individual change and solution-oriented treatment. Erickson's modalities of structuring therapeutic rapport and elicitating of individuaI resources are presented. Furthermore, the author reviews the links between Erickson's approaches and recent psychotherapeutic patterns, such as neurolinguistic programming and strategic therapy.

Riv. Sper. Freniatr. - Vol. CXVI - 1992 - N. 3 – Pagg. 614-622 




Il genio terapeutico di Milton Erickson

''Non si impara a fare psicoterapia dai libri.

Si impara dall'esperienza"

M. Erickson

Questo articolo si propone di introdurre il lettore all'opera di Milton Erickson, psichiatra statunitense deceduto nel 1980, unanimemente riconosciuto come il più importante ipnoterapeuta del secolo e considerato l'ispiratore della terapia strategica breve (1) e di numerosi approcci psicoterapeutici recentemente ricontestualizzati sia nella modellistica sistemica (2) che nella programmazione neurolinguistica (3).

QUALCHE CENNO BIOGRAFICO

Lo studio dell'opera di M. Erickson si lega imprescindibilmente alla descrizione della sua biografia (per riferimenti più dettagliati, 4). Erickson nasce

Psichiatra presso il Servizio Psichiatrico Universitario dell'Ospedale S. Paolo – USSL 75.IV - Milano – Ipnotista e socio Associazione Medica Italiana Studio Ipnosi – Master in programmazione neurolinguistica

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nel Nevada, ove il padre di origine svedese lavorava come minatore, nel 1901; Erickson nasce daltonico (non riconosceva il rosso ed il verde) ed a 17 anni subisce un gravissimo attacco di poliomelite che lo lascia per molto tempo paralizzato (mirabili sono gli aneddoti relativi a tale drammatica esperienza che Erickson successivamente riutilizzò nella sua opera di terapeuta e"di formatore). Con un notevole sforzo personale Erickson riesce in due anni a recuperare gran parte della sua motricità, sino a permettersi un viaggio costa a costa negli USA a bordo di una canoa. Sin da studente coltiva il suo interesse per l'ipnosi lavorando con C. Hull, uno dei massimi esperti in materia del tempo. Laureatosi nel 1928 Erickson lavora come psichiatra negli Ospedali di Stato del Colorado, di Rhode Island, del Michigan: presso quest'ultimo diventa direttore del dipartimento di ricerca, e successivamente del dipartimento della formazione, ed approfondisce i suoi studi sui fenomeni ipnotici. A questo periodo appartiene l'intensa collaborazione con Margaret Mead, nota antropologa e moglie di Gregory Bateson (fondatore della Scuola di Palo Alto) e con lo scrittore Aldous Huxley con i quali approfondisce lo studio dei fenomeni fisici e psichici degli stati di trance e degli stati di coscienza. Entra inoltre nell'editorial board del giornale "Disease of Nervous Systems" (oggi "J. of Nervous and Mental Disease").

Nel 1948 Erickson si trasferisce, per motivi di salute, a Phoenix, in Arizona, ove passerà il resto della sua vita. Qui si dedica principalmente all'attività privata ed all'insegnamento, dopo un primo anno trascorso come Direttore del Servizio Psichiatrico dell'Ospedale di Stato dell'Arizona; nel 1952 un secondo attacco di poliomelite aggrava le sue già precarie condizioni di salute, inducendo notevoli dolori che Erickson tuttavia autogestisce con successo ricorrendo all' autoipnosi.

Nel 1957 Erickson fonda la American Society of Clinical Hypnosis, di cui diventa Presidente, e la rivista American Journal of Clinical Hypnosis. Decede nel 1980, pochi mesi prima del Primo Congresso Internazionale sugli Approcci Ericksoniani all'Ipnosi ed alla Psicoterapia (5), congresso che vide la partecipazione di migliaia di studiosi da tutto il mondo e che segnò la nascita di un movimento psicoterapeutico che oggi appare come uno dei più seguiti nel mondo anglosassone.

Queste poche righe danno solo una sommaria idea della personalità e, soprattutto, della visione del mondo di Erickson, caratterizzata da un profondo ottimismo, da un profondo sentimento di solidarietà e di ascolto nei confronti dell'altro, da una inguaribile fiducia nelle risorse (conscie e soprattutto inconscie) dell'uomo e da una calda umanità che stupiva tutti i suoi interlocutori, siano stati essi pazienti od allievi.

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LA LETTERATURA ERICKSONIANA

Esiste una notevolissima letteratura di e su Milton Erickson. II primo volume di Erickson è "Time distorption in hypnosis" del 1954, seguito da "Practical applications of medicai and dental hypnosis". Nel 1976 appare, a cura di J. Haley (terapeuta della Scuola di Palo Alto) "Terapie non comuni", nel quale per la prima volta il nome di Erickson viene associato ad una specifica ed innovativa forma di psicoterapia e, pertanto, esce dagli ambienti ultraspecialistici dell'ipnositerapia. Questo testo, che ha rappresentato il substrato teorico di ciò che nell'approccio della scuola di Palo Alto viene definito "terapia strategica", ha conosciuto una notevole diffusione negli ambienti sistemici affascinando i lettori con la descrizione di tecniche di intervento psicoterapeutico rapide, creative ed originali, per lo più indipendenti dall'utilizzo dell'ipnosi.

Successivamente, scritti assieme a suoi allievi, escono: nel 1976 "Realtà ipnotiche", nel 1979 "Ipnositerapia" e nel 1981 "L'esperienza dell'ipnosi". Tutti questi lavori sono disponibili nelle Opere edite da Astrolabio (6).

A partire dagli anni '70, essendo l'efficacia terapeutica di Erickson divenuta proverbiale e quasi leggendaria, le sue modalità di intervento cominciano a venire studiate da parte di psicoterapeutici della scuola di Palo Alto: oltre al testo già citato di Haley vengono pubblicati: - "I modelli della terapia ipnotica di M. Erickson" di R. Bandler e J. Grinder (7) (successivamente fondatori della Programmazione Neurolinguistica, movimento psicoterapeutico che si rifà esplicitamente al lavoro di Erickson), studio della struttura della ipnositerapia di Erickson alla luce della teoria della lateralizzazione cerebrale e della dominanza emisferica - "La mia voce ti accompagnerà" (8) raccolta di metafore terapeutiche e didattiche di Erickson, "La risposta dall'interno" (9), studio della struttura dell'intervento psicoterapeutico ericksoniano con particolare focalizzazione sull'utilità clinica dell'adozione in psicoterapia di metafore e di comunicazione indiretta. A questi primi testi fanno seguito numerosissimi volumi pubblicati dagli affezionati allievi, il principale dei quali può essere considerato J. Zeig, tutti volti al modellamento a fini didattici della struttura dell'ipno e psicoterapia ericksoniana e tutti sistematicamente ed esplicitamente grati a Erickson per la creatività degli approcci che egli ha saputo trasmettere loro (per una rassegna, 10).

LA POSIZIONE TEORICA DI MILTON ERICKSON

Apparentemente Erickson non si è mai curato molto di elaborare una teoria

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articolata che potesse venire direttamente trasmessa a persone di orientamento epistemologico differente dal suo. Benché la sua attività di ricercatore nel campo dell'ipnosi sia stata enorme ed egli abbia sviluppato una cornice teorica di inquadramento dei fenomeni che osservava (cornice teorica in larga proporzione affine a quanto descritto nella mirabile opera di Pierre Janet, psichiatra ed ipnotista francese di inizio secolo che in questi anni sta riconoscendo un notevole ritorno di interesse dopo decenni di scientificamente infondato silenzio), Erickson non ritenne utile sviluppare una teoria della personalità - o del funzionamento psichico - quanto piuttosto una teoria dell'intervento, o meglio del cambiamento terapeutico.

Si possono comunque enucleare alcuni punti fermi della posizione teorica di Erickson che, ricordiamo, seguì comunque l'iter formativo classico di quegli anni con l'analisi personale e didattica, la formazione neurologica e medica.

Innanzitutto, Erickson aveva una visione dell'inconscio differente da quella dominante nella comunità psichiatrica e psicoanalitica. Per Erickson, come in recenti teorizzazioni (11), l'inconscio rappresentava soprattutto il campo ave le risorse del paziente, note od ignote a lui o agli altri, crescevano e venivano nutrite: tutto ciò che il soggetto ha imparato nella vita, ed in particolari momenti della sua vita, viene immagazzinato nei circuiti mnesici per poi poter venire recuperato in un momento ed in. un contesto differente senza che il paziente debba necessariamente esserne consapevole.

TI concetto fondamentale nello studio dell'opera teorica e tecnica 'di Erickson è che larga parte del suo, insegnamento si svolge a più livelli di comunicazione - diretto, indiretto, metaforico, aneddotico - e che nessuna delle cognizioni che propone di trasmettere risulta scissa da qualche caso clinico o personale di cui viene sempre offerta una accurata descrizione. Erickson infatti era nemico della,generalizzazione e dell'apprendimento logico-deduttivo visto come unica forma di concettualizzazione dell'esperienza: pertanto la sua opera di formatore era svolta soprattutto ad un sistematico - e adeguatamente teorizzato - livello intuitivo.

Studiare la sua opera è come percorrere una cattedrale gotica, i cui continui rimandi simbolici da uno spazio all'altro testimoniano della continua necessità di interrogarsi su cosa significhino per noi e per gli altri quei simboli e come questi significati siano spazialmente e temporalmente organizzati per indurre in noi una condizione di meditazione preludente al cambiamento.

E comunque possibile identificare, modellando la sua opera, alcuni principi impliciti nel suo approccio che in una fase preliminare dello studio della sua opera possono risultare didatticamente utili. Innanzitutto, il focus principale dell' attenzione terapeutica di Milton Erickson era ricercare soluzioni il più

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possibile immediate ai problemi presentati dal paziente, ed esplorare le sue risorse conscie ed inconscie rispetto alla capacità di risolvere tali problemi. Erickson era convinto che in ogni paziente esistessero di per sé le risorse adatte alla soluzione di tali problemi, e che compito del terapeuta era di mettere il paziente in condizioni di elicitarle da precedenti esperienze e di applicarle allo stato-problema. Rispetto a questo principale obiettivo per Erickson era di secondaria importanza sia lo studio dettagliato del passato del paziente che una codificazione nominalistica dei suoi problemi, codificazione che molto spesso acquista le caratteristiche di una denominazione psicopatologica di alcuni problemi comportamentali, denominazione psicopatologica che a sua volta spesso conduce ad una lettura della sofferenza del paziente di ampia capacità descrittiva ma di scarso se non nullo impatto operativo.

Recuperare le esperienze nelle quali il soggetto ha avuto a disposizione le risorse per affrontare il problema attuale significa aiutare il soggetto, nel rispetto della sua storia e della sua propria visione del mondo, a comprendere la struttura concreta della sua esperienza soggettiva e a farsene un 'idea specifica: è fondamentale per Erickson ottenere descrizioni specifiche e sensorialmente fondate delle risorse necessarie, sino a che il soggetto non "sente" di aver recuperato quello che gli serve e di poter adeguatamente adottare nel contesto problema. A tal fine l'ipnosi rappresenta un enzima, ovvero una enorme facilitazione ad una reazione che già di per sé potrebbe avvenire in natura; come un enzima, del resto, l'ipnosi non può generare reazioni in natura impossibili.

In tale contesto Erickson riteneva che la strutturazione del rapporto fra paziente e terapeuta fosse la chiave di volta dell'intervento: Erickson sviluppò incredibili e creativi approcci alla strutturazione del rapporto, fondamentalmente basato sull'integrale rispetto della unicità della dimensione individuale del soggetto. Infatti Erickson ricalcava la postura, la frequenza respiratoria, le ricorrenze gestuali, i termini linguistici, le cadenze, le espressioni verbali, i valori individuali e familiari del soggetto per entrare nella sua visione del mondo e avere, oltre che un indicibilmente profondo rapporto "empatico", anche la posizione di chi può dare suggerimenti senza che questi venissero vissuti come imposizione: Erickson prescriveva compiti (fu sua l'idea della "prescrizione del sintomo" poi ripresa dall'approccio sistemico) a volte di non immediata comprensione ma che il paziente accettava di eseguire e che ponevano il soggetto in condizione di recuperare risorse o di ristrutturare alcune sue convinzioni limitanti.

Erickson inoltre, per primo, elaborò l'idea che in molti pazienti, quelli generalmente considerati "resistenti" da terapeuti di orientamenti teorici differenti, potessero beneficiare di approcci indiretti: approcci caratterizzati dall'utilizzo di compiti paradossali, di metafore, di favole, di scambi linguistici semanticamente

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ambigui al fine di ottenere una confusione di livelli logici e di valori nel paziente da ristrutturare successivamente.


LE TECNICHE PSICOTERAPEUTICHE DI MILTON ERlCKSON

È certamente un'impresa ardua sintetizzare in poche righe l'incredibile ricchezza e creatività delle tecniche psicoterapeutiche adottate e sviluppate da Erickson nella sua cinquantennale pratica clinica di psichiatra e di ipnotista. Molte di queste tecniche sono state sviluppate come parti dell'intervento ipnotico, ma sono state poi riconcettualizzate e strutturate in passi sequenziali dal movimento psicoterapeutico della programmazione neurolinguistica (per una rassegna, 12). A scopo introduttivo è comunque possibile enucleare i più frequenti patterns di intervento.

Innanzitutto, stabilire con chiarezza e precisione sensorialmente fondate quale è l'obiettivo della terapia - o dell'intervento - che il paziente richiede. Questo è di importanza capitale nel momento in cui la terapia non si fonda su di un modello teorico precostituito di personalità validamente funzionante a cui rifarsi come meta-obiettivo finale, e soprattutto perché in una terapia fondata sul cambiamento e sul problem solving la definizione dell'obiettivo è già in sè parte dell'intervento terapeutico, In tal senso di grande utilità nella pratica clinica risultano le regole di buona formazione degli obiettivi elaborate dalla programmazione neurolinguistica (13) che tengono in considerazione l'ecologicità o meno della meta prefissata, i costi economici e temporali, l'eventuale presenza di vantaggi secondari consci dipendenti dallo stato-problema, la presenza di meta-obiettivi impliciti od espliciti e così via. L'obiettivo deve sempre essere chiaro nella mente del terapeuta e del paziente, e devono venire definiti dei criteri sensorialmente basati per capire se esso è stato conseguito o meno. Lavorare senza obiettivi ben definiti rischia di porre il terapeuta ed il paziente in una condizione di viaggio, anche piacevole, ma che può comportare anche il girare in tondo, e di non avere criteri per definire se la terapia è efficace o meno. In tale contesto gli obiettivi generali - o generici - possono venire scomposti in sotto obiettivi, ognuno dei quali strutturato secondo le regole di buona formazione degli obiettivi, e posti dal soggetto in sequenza temporale.

Secondo questa impostazione, come già accennato, Erickson enfatizza l'importanza di un approccio teso soprattutto alla scoperta di soluzioni operative piuttosto che al delucidare su di un piano eminentemente conoscitivo - generalmente rivolto allo studio del passato - le origini del problema oggetto del

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trattamento, e ritiene che un approccio "sintomatico" ai problemi possa avere la stessa efficacia ed importanza sul piano della capacità di generare cambiamenti permanenti di approcci più "etiopatogenetici" (di qui gli interventi di sostituzione di sintomi o di pura e semplice rimozione di essi).

In tale contesto operativo Erickson, come già accennato, era molto propenso ad assegnare ai pazienti compiti di natura comportamentale (molti dei quali inquadrabili di per sé all'interno di un approccio classicamente behaviorista) che venivano generalmente eseguiti senza particolari resistenze in quanto prescritti solo dopo che Erickson aveva - a volte anche con un lungo lavoro preparatorio - strutturato il rapporto e l'alleanza terapeutica. Erickson partiva sempre dallo stato in cui il paziente si trovava, non lo discuteva mai in sé, lo ricalcava con la massima precisione possibile per poi riutilizzarlo come punto di partenza sia per fondare il rapporto che per indurre nel soggetto dubbi rispetto a tale stato dal suo interno (nel caso di un soggetto depresso, prima di assegnargli una serie di compiti comportamentali tesi alla strutturazione di esperienze volte a far recuperare la capacità di provare piacere, poteva dire "sei preoccupato e cupo, ti meravigli che la vita possa sembrare degna di essere vissuta, e non sai ancora quanto tempo ci vorrà prima che tu ti senta nuovamente su di morale"). L'approccio di "utilizzazione" dello stato-problema del paziente consente di inserire nella realtà soggettiva del paziente elementi che possano automaticamente cambiare questo stato senza che il soggetto possa attivare resistenze specifiche.

Erickson era convinto che il paziente facesse sempre la scelta migliore fra quelle disponibili di fronte allo stato problema, e che i problemi nascessero fondamentalmente quando il ventaglio di scelte o di risorse del paziente si riduceva a poche o ad una solamente. Pertanto, la terapia consiste in senso lato nell'aiutare il soggetto ad avere più opzioni di fronte ad un problema, e quindi nel generare maggiore flessibilità cognitiva e comportamentale. Erickson pertanto metteva il soggetto in condizione di sperimentare nuove scelte, nuovi comportamenti, nuove convinzioni di fronte ai problemi specifici. Ogni comportamento, sia esso impulsività; passività, passivo-aggressività, depressione e così via ha il suo senso e la sua utilità ecologica in un dato contesto; il problema nasce quando esso viene agito in contesti nei quali esso non genera un'adeguata libertà di comportamento o di ragionamento. Questo si verifica quando il range di comportamenti - o di risorse -a disposizione del soggetto è, per qualsiasi ragione (scarsa esperienza precedente, convinzioni limitanti, ecc.) ridotto, Erickson insegnava nuovi comportamenti, ma non si preoccupava direttamente di toglierne di vecchi.

Un ultimo ricorrente pattern ericksoniano – e probabilmente di tutta la psicoterapia realmente efficace in generale – è rappresentato dalle variegatissime

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tecniche di ristrutturazione di contenuto utilizzate. La ristrutturazione di contenuto è il processo mediante il quale si danno nuovi significati ai fenomeni riscontrati (14), nuovi significati che possono aderire immediatamente alle convinzioni ed ai valori individuali del soggetto sÌ da generare un rapporto differente con il problema stesso. La ristrutturazione induce nel soggetto la necessità di riconsiderare sotto una nuova e più creativa luce gli avvenimenti ed i problemi; in tal senso Erickson era un maestro che utilizzò la comunicazione diretta ed indiretta, verbale e non verbale, per facilitare le ristrutturazioni dei suoi pazienti e dei suoi allievi. Va sottolineato che nella fase più creativa e ricca della sua carriera Erickson ristrutturò il significato della pratica clinica come una realtà caratterizzata dal bisogno di ricercare nuove risorse per il soggetto piuttosto che di esplorare la psicopatologia. Se si presenta un automobilista che pone come il problema la perdita del controllo di impulsi aggressivi nei confronti di altri automobilisti, il terapeuta può cercare di definire la psicopatologia di cui tale soggetto è portatore e come egli è giunto a questo comportamento, sulla base di quali esperienze e convinzioni, e così via. n problema si può però considerare ristrutturato quando l'automobilista rimane calmo dopo aver identificato fin nei minimi dettagli sensoriali, recuperato ed installato lo stato interno che gli serve al tale scopo. n compito della terapia in questo caso è di elicitare le risorse del paziente necessarie ed ottenere accesso allo stato desiderato quando occorre. In tale contesto l'ipnosi e le tecniche connesse possono, per l'appunto, venire considerate come tecniche inducenti stati di coscienza nei quali l'utilizzo dei patterns di intervento sopra riportati sono enormemente facilitati, patterns che però possono venire adottati anche senza una induzione ipnotica formale. Secondo Erickson tutto ciò che viene fatto in stato di trance può venire fatto in ogni altro stato di coscienza. Ricordiamo qui solo tangenzialmente le numerose e geniali tecniche di induzione ipnotica sviluppate da Erickson, tecniche che ora rappresentano un indispensabile bagaglio teorico-tecnico di chi vuole praticare un ipnoterapia veramente innovativa e non direttiva.

Per concludere con una piccola citazione: "Ogni persona è un individuo. Pertanto, la psicoterapia dovrebbe essere concettualizzata allo scopo di incontrare l'unicità dei bisogni individuali, piuttosto che allo scopo di ritagliare il profilo della persona per farlo stare nel letto di Procuste di una ipotetica teoria del comportamento umano" (15).

RIASSUNTO

Dopo un breve cenno biografico l'autore esamina la posizione teorica e le tecniche psicoterapeutiche di Milton Erickson, proponendo contemporaneamente una rassegna essenziale dei principali ,studi sull'opera di questo grande ipno e psicoterapeuta.

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SUMMARY

The paper is aimed to introduce to the hypnotic and psychotherapeutic work of Milton Erickson. After a short biography, the author outlines the framework of ericksonian techniques, with peculiar focus on Erickson's view of unconscious, individual change and solution-oriented treatment. Erickson's modalities of structuring therapeutic rapport and elicitating of individuaI resources are presented. Furthermore, the author reviews the links between Erickson's approaches and recent psychotherapeutic patterns, such as neurolinguistic programming and strategic therapy.

BIBLIOGRAFIA

1) Haley J. – Terapie non comuni. – Astrolabio Editore, Roma (1976).

2) Watslawick P., Weakland 1. H., Fisch R. – Change. Sulla formazione e la soluzione dei problemi. – Astrolabio Editore, Roma (1974).

3) Dilts R. – Roots of Neurolinguistic Programming. – Meta Publications, Cupertino, California (1983).

4) Zeig 1. - Erickson. Un'introduzione all'uomo e all'opera. - Astrolabio Editore, Roma (1990).

5) Zeig J. – Ericksonian Approaches to Hypnosis and Psychotherapy. – Brunner/Mazel, New York (1982).

6) Erickson M. – Opere. Vol. I-II. – Astrolabio Editore, Roma (1982-84).

7) Bandler R., Grinder J. – I modelli della terapia ipnotica di Milton Erickson. – Astrolabio Editore, Roma (1984).

8) Rosen S. – La mia voce ti accompagnerà. – Astrolabio Editore, Roma (1983).

9) Lankton S. R., Lankton C. H. - La risposta dall'interno. – Astrolabio Editore, Roma (1984).

10) Zeig J., Lankton S. R. (eds) – Developing Ericksonian Therapy. – Brunner/Mazel, New York (1988).

11) Kihlstrom J. F. – Conscious, subconscious, unconscious: a cognitive perspetive. – In Bouiers K. S., Meichenbaum D.: The unconscious reconsidered (eds). – John Wiley & Sons., New York (1984).

12) Lankton S. R. – Magia pratica. – Astrolabio Editore, Roma (1989).

13) O'Hanlon W. H. – Taproots. Underlying Principles of Milton Erickson Therapy and Hypnosis. – Norton & co., New York/l.ondon (1987).

14) Bandler B., Grinder J. – La ristrutturazione. – Astrolabio Editore, Roma (1983).

15) Erickson M., Rossi E. L. – Hypnotherapy: an exploratory casebook. – New York, Irvington (1979).

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