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Le malattie mentali nella donna in rapporto alla guerra

Maria Del Rio (1916)

Istituto Psichiatrico di Reggio-Emilia diretto dal Prof. G. GUlCCIARDI Le malattie mentali nella donna in rapporto alla guerra PER LA DOTT. MARlA DEL RIO ( 132-2) 

Dall'inizio della guerra le ammissioni nel nostro Istituto sono aumentate di numero. Il maggior contingente dei nuovi ammessi è dato dagli uomini, specialmente dai soldati: da quelli cioè che più direttamente risentono degli effetti di questo terribile fenomeno sociale. Però, anche sulle donne, sebbene in proporzione assai minore, la guerra sembra avere avuto nel campo psichico la sua dolorosa ripercussione. Infatti, dal Giugno 1915 al Maggio 1916, le donne furono accolte nel nostro Istituto nella maggiore proporzione di circa il 12% rispetto alla media di un corrispondente periodo di tempo dei tre anni precedenti. Questo pare in disaccordo con altre statistiche che si trovano citate nell'ampio lavoro di Buscaino e Coppola.1 1 V. M. Buscaino e A. Coppola. Disturbi mentali in tempo di guerra. Rivista di patologia nervosa e mentale. Vol. XXI. Fase. 1-3.

( pagg 87 - 108)

L'accresciuta affluenza dei nostri ammalati in questo anno di guerra deve essere attribuita a molteplici fattori. Bisogna anzitutto tenere in considerazione il fatto che la guerra concorre indirettamente ad aumentare gli ospiti dei Manicomi, aggravando le condizioni economiche e privando le famiglie di chi avrebbe potuto prestare ad ammalati lievi la necessaria sorveglianza ed assistenza.

È per questo che noi accogliamo ora con maggiore frequenza vecchi dementi, lievi distimici, frenastenici, epilettici. Ma oltre questi, pervengono alla nostra osservazione anche altri malati con psicosi che, per il tempo ed il modo di insorgere e per il loro contenuto, sembrano essere direttamente provocate da nuovi fattori, i traumi psichici inerenti alla guerra; così che a prima vista si potrebbe pensare ad un reale aumento di morbilità in coincidenza con lo svolgersi di essa. Noi vogliamo ora valutare quanto effettivamente spetti a questo fenomeno nel determinare l'insorgenza di malattie mentali nella donna.

Parecchie delle nostre ammalate, entrate in quest'anno di guerra, venivano a noi con una modula informativa in cui era indicata come causa della loro malattia un trauma psichico, che aveva in qualche modo connessione con gli avvenimenti della guerra. Per talune di esse, questo appariva l'unico momento morbigeno; per talaltre erano concomitanti fattori eziologici svariati. Ecco pertanto le storie in apparenza più caratteristiche che ho avuto sinora occasione di raccogliere.

OSSERVAZIONE I. - I. M., di anni 34, coniugata, contadina, ammessa il 24 Giugno 1915.

Uno zio materno è stato ricoverato in questo Manicomio. L'inferma non ebbe altra malattia fisica degna di nota che il tifo all'età di 15 anni. Mestruò per la prima volta a 12 anni; le successive mestruazioni furono sempre irregolari. A 21 anni prese marito. Ebbe sei gravidanze, di cui le prime e le ultime due a termine con parti e puerperi fisiologici; la terza e la quarta interrotte nei primi mesi con gravi metrorragie.

D'intelligenza abbastanza sviluppata, non ha mai presentato alcun disturbo mentale prima degli attuali.

Nel Maggio 1915, in seguito alla partenza del marito richiamato sotto le armi, la paziente cominciò a manifestare sintomi di eccitamento psico-motorio, disturbi psico-sensoriali, idee deliranti a colorito persecutorio.

In Manicomio la M. si presenta al medico calma e ordinata. È di umore triste e interroga subito sul conto di suo marito e dei suoi figli. Assicurata che questi stanno tutti bene, si commuove, piange e chiede di vederli presto. Riprende poi subito a dubitare che suo marito soldato sia ancora vivo e vuole ancora che le si diano ulteriori notizie. È bene orientata riguardo al luogo, al tempo e alle persone. La memoria è sufficientemente conservata, così che la paziente risponde in modo abbastanza particolareggiato a tutte la domande. Ha coscienza di non essere sana di mente, ma dice però di sentirsi meglio che a casa, per quanto dominata ancora da numerose allucinazioni acustiche. Queste « voci » le dicono che suo marito e i suoi bambini moriranno presto uccisi. Afferma poi che era malvista dai vicini, invidiosi dell'accordo che regnava fra lei e suo marito.

Man mano si procede nel colloquio, il discorso della malata diventa meno pacato e coerente; essa ripete con maggiore insistenza che suo marito « sarà ammazzato » ed entra in fine in uno stato di agitazione ansiosa.

Somaticamente nulla di notevole. Sonno irregolare e turbato da sogni spaventosi.

Decorso: La malata ha presentato brevi alternative di calma e di agitazione; per qualche giorno ha frequentato anche i laboratori, ma, malgrado l'apparenza corretta, le idee deliranti e le allucinazioni persistevano sempre. In seguito si sono verificati fatti progressivamente più gravi di disintegrazione psichica. La malata si è fatta disordinata nel contegno, si astrae dall'ambiente, ride e piange senza motivo apparente, è schizofasica, talora impulsiva, tal'altra apatica. L' affettività va diminuendo.

Diagnosi: demenza precoce.

OSSERVAZIONE: II. - M.T. T., di anni 65, vedova, casalinga, ammessa il giorno 11 Dicembre 1915.

Antecedenti ereditari negativi. Ha avuto sette gravidanze normali, seguite da parti, puerperi e allattamenti fisiologici. Non ha sofferto malattie fisiche d'importanza. In questi ultimi tempi aveva disturbi intestinali (stitichezza). D'intelligenza mediocre, non ha mai presentato prima d'ora disturbi psichici.

In questi ultimi mesi essendo stati tre dei suoi figli successivamente richiamati sotto le armi, la T. entrò in uno stato di depressione e preoccupazione. Il 20 Novembre 1915, avuta la notizia che uno dei figli soldati doveva partire per la fronte, la malata cadde d'improvviso in preda a viva agitazione ansiosa. Nei giorni successivi si mostrò confusa e divenne sitofoba, insonne. clamorosa.

Al momento dell'ammissione in Manicomio fu rilevato quanto segue:

Donna di sviluppo regolare, di robusta costituzione, abbastanza bene nutrita. Tiene le vesti scomposte, ha i capelli sciolti e scarmigliati. Il viso esprime confusione ed ansia; i movimenti sono continui, disordinati, non diretti ad uno scopo determinato.

Parla continuamente, ora a bassa voce, ora gridando in modo caotico e inintelligibile. Non è possibile richiamare in alcun modo la sua attenzione. Rivolgendole la parola, sembra che la sua irrequietezza aumenti. Si ha talvolta ecolalia. Dall'insieme del contegno la malata pare dominata da allucinazioni acustiche e visive terrifichi. Quando le si porge il cibo lo allontana con gesti di spavento e non si riesce a farle inghiottire neppure una sorsata d'acqua. Oppone viva resistenza all'alimentazione artificiale. Balza spesso dal letto, passeggia concitatamente per la stanza.

L'esame somatico rivela soltanto una esagerazione simmetrica dei riflessi rotulei ed un notevole grado di dermografismo. Il comportamento delle pupille è regolare, La malata presenta stitichezza ostinata che si vince soltanto con enteroclismi di infuso di senna. Esiste foetor ex ore. L'esame dell'orina riesce negativo per lo zucchero e per l'albumina.

Nei giorni seguenti la malata non ha presentato notevoli mutamenti nello stato psichico su descritto. A periodi di maggiore agitazione motoria con ideorrea confusissima si sono alternate fasi di relativa tranquillità dovute a fatti di esaurimento. Alcune volte la malata ha sorbito passivamente il cibo.

Il giorno 15 Dicembre furono riscontrale nell'urina tracce di albumina. La funzionalità cardiaca andava intanto sempre più affievolendosi. Il 17 la malata era stuporosa, non reagiva che scarsamente agli stimoli esterni, beveva senza opporre resistenza il latte prescrittole, giaceva accasciata in posizione supina.

Il 18 comparve la febbre a 38,5 a cui si aggiunse una grave debolezza cardiaca con aritmia del polso e il 19 avvenne la morte.

Non si potè compiere l'autopsia per opposizione dei parenti. Fu fatta diagnosi di « delirio acuto ».


OSSERVAZIONE III. - A. T., di anni 41, coniugata, contadina, ammessa il 16 Dicembre 1915.

Il padre dell'inferma è morto in questo Manicomio. La P. non sofferse mai malattie fisiche degne di nota.

Le mestruazioni, comparse all'età di 14 anni, furono sempre regolari. Ebbe sei gravidanze a termine, seguite da parti e puerperi normali; gli allattamenti furono sempre brevi, data la scarsità del latte. L'ultimo parto avvenne alla fine dell'Ottobre scorso.

Non ha mai sofferto disturbi psichici prima degli attuali, che iniziarono nel decorso Novembre in seguito alla partenza di un figlio per il servizio militare. Fu allora che la T. cadde in uno stato di grave depressione e preoccupazione ansiosa per il figlio soldato. Cominciò a dire che questi « sarebbe morto certamente in guerra» ,
« che essa non lo avrebbe più riveduto », che tale dolore « sarebbe stato per lei insopportabile ». Si fece cupa, taciturna, cominciò a nutrirsi poco, a rammaricarsi per non avere abbastanza latte per il piccolo figlio; divenne infine confusa, delirante, sitofoba.

Quando viene accolta nel Manicomio è disordinata nell'abbigliamento, apatica nel contegno. È di gracile costituzione, anemica e denutrita. Tiene il volto costantemente abbassato e non reagisce ad alcuno degli stimoli a cui si sottopone, all'infuori di quelli dolorosi.

Ripetutamente chiamata, non risponde; non obbedisce ad alcun comando. Cercando di spostarla dalle posizioni che assume, oppone una certa resistenza. Il negativismo si manifesta specialmente durante la nutrizione artificiale, che si compie soltanto a prezzo di ripetuti tentativi. Trattiene l'orina anche per 24 ore, L'alvo è stitico. Esistono fatti bronchiali diffusi. La temperatura è normale. Nulla di patologico all'esame dell'urina, che deve essere raccolta col catetere.

La malata, dopo un periodo di dieci giorni, durante i quali è stata irrequieta, ansiosa e irregolarmente sitofoba, presenta una riacutizzazione dei fatti bronchiali con diffusione polmonare. Compare la febbre, i fatti polmonari si localizzano al lobo medio e inferiore di destra, la funzionalità cardiaca si va rapidamente indebolendo malgrado la somministrazione di cardiocinetici e la malata muore quasi improvvisamente, dopo 15 giorni di degenza in Manicomio.

Come diagnosi di probabilità fu posta quella di «melanconia».

OSSERVAZIONE IV. - O. L., di anni 20, vedova, contadina, ammessa l'11 Gennaio 1916, anche per essere sottoposta a perizia.

Nulla di particolarmente notevole nell'anamnesi famigliare.

La L. è analfabeta, ma d'intelligenza bene sviluppata. Non risulta abbia mai sofferto disturbi mentali.

Mestruò la prima volta a sedici anni; le successive mestruazioni furono sempre regolari in tutti i loro caratteri. Andò a marito a 19 anni e mezzo. Rimase incinta subito dopo il matrimonio e partorì al settimo mese di gravidanza - il 10 Maggio 1915 - un bambino vivo e vitale.
Il parto ed il puerperio furono normali: allattò sino al 1 Gennaio 1916 il proprio figlio.

L'inferma già nel secondo mese di matrimonio fu spesso turbata dalle frequenti notizie di chiamate alle armi e dal pensiero che presto anche suo marito, al quale era legata da un intenso affetto, avrebbe lasciato la sua casa e lei, incinta, sola col vecchio suocero. Per tutti i mesi successivi, fu sempre dominata da questo pensiero, dal quale invano cercavano distoglierla i famigliari.

Aveva spesso crisi emotive di disperazione e di pianto. Il 24 Maggio apprese dal marito la notizia che anch' egli avrebbe dovuto l'indomani assumere servizio militare, notizia che essa considerò come la realizzazione dei suoi dolorosi presentimenti.

Nei due mesi successivi il marito, essendo di guarnigione in città, visitava regolarmente La famiglia una volta per settimana: ciò che contribuiva a tenere la moglie in uno stato d'animo relativamente tranquillo. Nell' Agosto avvenne la partenza del marito per la fronte, ma alla L. fu soltanto detto che era stato trasferito a Cividale, dove si sarebbe fermato.

Ma poi dal contesto delle cartoline ricevute, essa potè più tardi arguire che egli era partito per la linea di battaglia e questo naturalmente accrebbe le sue apprensioni e determinò in lei uno stato di intensa depressione. Il ritardo delle notizie, verificatosi circa un mese dopo la partenza, la mise fortemente in allarme: acquistò subito la persuasione che fosse avvenuta una disgrazia fatale e da questo pensiero non si distolse più, fino a quando nell'Ottobre 1915 le fu comunicata la morte del marito, avvenuta in guerra nell'Agosto precedente.

Fu da allora che sorse in lei il tragico desiderio di « finirla presto insieme al suo bimbo, perchè il dolore era troppo forte, da non potere assolutamente sopportare ». Augurava a sè ed al suo piccino una malattia mortale, che li finisse presto contemporaneamente,

Il desiderio della morte continuava a tormentarla in modo continuo ed ossessivo: cercava di nasconderlo e dissimularlo, ma lo sentiva infinitamente prepotente; tanto che i genitori, che si erano accorti vagamente di questo stato d'animo disperato della figlia, cercavano di farla sorvegliare in modo che questa non se ne accorgesse. Fu in una terribile crisi d'angoscia, con completo obnubilamento della coscienza, che essa, il 1° Gennaio 1916, afferrò, non ricorda dove, un coltello, e finì furiosamente il suo bambino, per poi dirigere verso di sè l'arma omicida ferendosi a più riprese alla regione mammaria destra ed epigastrica. Quindi la L. cadde in uno stato stuporoso, da cui si riebbe solo il 1° Febbraio 1916.

Stato della malata al momento dell'ingresso:

Donna di gracile costituzione, discretamente nutrita. Giace immobile, in posizione supina, con gli occhi chiusi, i lineamenti del viso irrigiditi. Non reagisce in alcun modo chiamandola per nome: solo scuotendola e spostandola, riassume lentamente la posizione iniziale. Ha il torace avvolto da fasce, non essendo ancora completamente cicatrizzate le due ferite.

Portandole il cibo alla bocca, non si oppone con atti di rifiuto, ma non fa alcun movimento di presa. Si deve quindi ricorrere all'alimentazione artificiale, che viene compiuta regolarmente due volte al giorno. Si ha inoltre coprostasi che si vince solo con abbondanti enteroclismi.

È degno di nota il fatto che le mestruazioni, ricomparse dopo il parto, malgrado l'allattamento, sono cessate dal Gennaio u. s. dopo il tragico fatto.

Queste condizioni sono rimaste immodificate fino al mattino del 1° Febbraio 1916, quando la malata, all'entrare di un' infermiera nella sua stanza, parve all'improvviso svegliarsi, si guardò intorno ed esclamò: « Ma dove sono io? Mamma dove mi hanno portato? » Rapidamente si orientò, seppe dare notizie sul suo passato, affermando però di non ricordare gli ultimi avvenimenti nei loro particolari.

In seguito la malata presentò una netta sindrome melancolica. Era depressa, torpida nell'ideazione, taciturna, facile al pianto, sempre dominata dal pensiero del tragico fatto compiuto, anoressica, disipnica. Il parlarle del delitto provocava in lei manifestazioni ansiose.

Fu fatta diagnosi di « melancolia » e fu ritenuto che il delitto fosse stato commesso durante un « raptus ».

OSSERVAZIONE V. - I. C., di anni 61, casalinga, coniugata, ammessa il 4 Febbraio 1916.

Non risulta tara ereditaria psicopatica. Recidiva per la quarta volta. Soggiornò in questo Istituto tre mesi nel 1893, due mesi nel 1910 ed un uguale periodo di tempo nel 1912, sempre per « melancolia ». Tali periodi di alienazione mentale erano sempre stati preceduti da un forte trauma psichico. Non sofferse altra malattia fisica d'importanza che una broncopolmonite all'età di 37 anni.

Mestruò a 16 anni per la prima volta: le successive mestruazioni furono abbondanti, ma sempre regolari per qualità e intercorrenza.

Entrò in menopausa a 35 anni, in coincidenza con la prima comparsa della psicosi. Sposò all'età di 21 anni. Ebbe 4 gravidanze a termine: una seguita da parto gemellare; puerperi ed allattamenti fisiologici.

Nell'Agosto scorso - in seguito alla chiamata sotto le armi dell'unico figlio - ricadde in uno stato depressivo ed ansioso. Cominciò a pensare alle tristi conseguenze che ne sarebbero derivate a lei ed a suo marito nonchè alla famiglia del figlio stesso, padre di tre bambini, di tutti unico sostegno.

In uno stato di viva disperazione, manifestò spesso più tardi ai famigliari propositi di suicidio, tanto che fu ritenuto necessario il suo ricovero in Manicomio.

Qui la C. appare una vecchietta in buone condizioni di nutrizione, che dimostra un' età inferiore alla reale. È ordinata nel contegno, parca di gesti. Ha la fisionomia atteggiata a tristezza, appare molto preoccupata. È bene orientata riguardo al luogo, al tempo e alle persone. Prende la parola spontaneamente per dire dei suoi dolori e delle sue ansie. Quando parla del figlio soldato si commuove e piange, ma poi riprende presto padronanza di sè stessa per chiedere al medico se i suoi timori sono infondati o giusti. L'attenzione è abbastanza vigile, la memoria ben conservata. Non esistono allucinazioni.

Non si può accertare alcuna lesione organica. L'appetlto è buono. Il sonno è irregolare.

Diagnosi: Melancolia periodica.


OSSERVAZIONE VI. P. L. V., di anni 31, civile, nubile, ammessa il 17 Febbraio 1916.

Due zie materne hanno sofferto di malattie mentali. I genitori ed i fratelli sono nervosi e strambi. Uno di questi, di recente, durante il servizio militare, ha attraversato un periodo psicopatico. La malata all'età di sei anni soffrì di reumatismo articolare, ad otto anni di enterite acuta. Stette di poi fisicamente sempre bene. Ebbe la prima mestruazione all'età di 17 anni e mezzo; le successive furono sempre irregolari in tutti i loro caratteri.

È già stata ricoverata in Manicomio quattro volte: all'età di 22, di 23 e mezzo, di 25 e di 27 anni; sempre per pochi mesi e sempre in istato di eccitamento maniaco. A casa poi è andata soggetta di quando in quando a fasi depressive.

L'insorgenza di questo ultimo attacco maniaco avvenne dopo un lungo periodo di benessere nell'Ottobre u. s., quando la malata, dimorando allora a Venezia, provò un grave spavento per lo scoppio delle bombe lanciate da aeroplani austriaci sulla chiesa degli Scalzi, presso la quale era la sua abitazione.

Al primo momento, credendo che la madre fosse stata vittima dell'esplosione, la malata ebbe gravi manifestazioni di terrore e di sgomento. Nei giorni seguenti il succedersi di allarmi tenne in continua tensione l'animo suo. La malata cadde poi in uno stato di eccitamento sempre crescente, che la indusse a chiedere spontaneamente il ritorno in questo Istituto.

Si tratta di una signorina d'intelllgenza vivace, abbastanza istruita, che presta discreta attenzione a quanto la circonda. Veste in modo eccentrico, tiene i capelli bizzarramente pettinati, è irrequieta, corre sempre di qua e di là, salta, canta, gestisce abbondantemente. Prende subito la parola per esporre in modo vivace ed esagerato una lunga serie di lamentele e di desideri. Alle domande risponde in modo pronto e prolisso. È bene orientata riguardo al luogo, al tempo e alle persone. La memoria è ben conservata. Ride spesso fatuamente. È permalosa, irritabile, petulante, aggressiva a parole. Non ha disturbi psico-sensoriali. Esistono larvate idee deliranti a colorito persecutorio. L'affettività è apparentemente affievolita. La signorina non può occuparsi in modo regolare; appena iniziato un lavoro se ne stanca e lo tralascia.

Somaticamente si nota un certo grado di anemia. Il sonno è irregolare. L'appetito è buono.

Diagnosi: Frenosi maniaco-depressiva.

OSSERVAZIONE VII. - M. T., di anni 49, cuoca, nubile, ammessa il 18 Febbraio 1916.

Anamnesi famigliare negativa per quanto riguarda le malattie nervose e mentali. Le mestruazioni, comparse a 18 anni, seguirono sempre piuttosto scarse, ma regolari per qualità e intercorrenza. A 27 anni ammalò di pleurite essudativa destra, di cui guarì in circa tre mesi. Ha condotto sempre una vita molto attiva nella sua qualità di cuoca. Non abusò mai di alcoolici. Rispettosa, d'indole mite, rimase presso una famiglia per circa 20 anni. Non ha mai presentato turbe psichiche.
In questi ultimi mesi l'inferma visse in continua trepidazione per i fratelli, soldati in zona di guerra, ai quali essa era molto affezionata. Il timore di saperli tosto o tardi feriti o morti la tormentava insistentemente da parecchio tempo, quando un giorno, il 16 Febbraio u. S., di ritorno dalla spesa, scorse sul tavolo della sua stanza un telegramma, che essa credette latore di una triste notizia per lei. Analfabeta, non poteva subito levarsi questa dolorosa curiosità. Fu allora presa dalla più viva disperazione: si mise a piangere, a gridare e inutilmente i suoi padroni, accorsi, cercarono di calmarla, riferendole il contenuto indifferente del telegramma. In preda a tanta agitazione, aggravata anche da un dissidio con un cameriere, che non si era reso conto delle sue condizioni patologiche, tentò gettarsi dalla finestra. Fu portata all'Ospedale di Modena, donde fu subito trasferita in questo Manicomio.

È un soggetto di costituzione scheletrica irregolare. Esiste una lussazione congenita dello anca. Lo stato della nutrizione è alquanto deficiente. La pelle e le mucose visibili sono pallide. Di contegno ordinato, chiusa in sè, sta appartata dalle altre, non si occupa dell'ambiente, appare preoccupata e triste. È bene orientata. Interrogata, risponde a tono, con voce lenta e lamentosa. Si rammarica di essere internata in Manicomio, racconta il fatto che l'ha condotta qui, ma vi dà un' importanza puramente episodica di una passeggera profonda disperazione. Il suo discorso prende poi per oggetto i fratelli soldati, sulla sorte dei quali non sa bene che cosa pensare, non avendo da tempo notizie dirette. Dubita fortemente che uno di questi sia morto, nonostante le contrarie assicurazioni dei famigliari. È emotiva e facile al pianto. L'ideazione è povera, monotona, faticosa. Non esistono disturbi psico-sensoriali.

L'appetito è discreto; il sonno è scarso. Diagnosi: Melancolia.


OSSERVAZlONE VIlI. - E. P., di anni 56, massaia, coniugata, ammessa il 23 Febbraio 1816.

Un fratello fu ricoverato in questo Manicomio. Sofferse di pertosse nella prima infanzia, ebbe la varicella
all' età di 27 anni. Le mestruazioni, comparse a 17 anni, si mantennero sempre regolari fino all'epoca della menopausa, che avvenne a 50 anni.

Andò a marito all'età di 18 anni. Ebbe sette gravidanze a termine, seguite da parti e puerperi normali e allattamenti prolungati. Non diede mai prima d'ora segni di alienazione mentale. Nel Giugno u. s., in seguito alla chiamata sotto le armi dell'unico suo figlio, la F, cambiò improvvisamente d'umore, si mostrò confusa, triste, talora ansiosa e clamorosa. Rifiutando più tardi il cibo e manifestando tendenze pericolose a sè, venne infine ricoverata in Manicomio.


Stato presente: Donna in discreto stato di nutrizione, di costituzione regolare. Presenta numerosi segni di senium praecox. È affetta da cateratta bilaterale. Somaticamente non si rileva null'altro di notevole.

Espressione del viso apatica. Interrogandola, risponde dopo qualche ritardo e a tono. È male orientata. Parla talora spontaneamente soltanto delle sue condizioni famigliari, esclamando di quando in quando: « Mah! è una grande passione quella di Tonino! » Si dilunga a parlare del figlio soldato con la più viva commozione. La memoria è conservata anche per i fatti recenti. Ad intervalli è dominata da idee deliranti e da allucinazioni. Le sembra di sentire una voce minacciosa.

In coincidenza con questi periodi deliranti è sitofoba.

Il giorno 25 Marzo viene colta da ictus apoplettico. Dopo pochi movimenti epilettiformi, limitati al lato destro, la malata cade in coma.

Viso pallidissimo, polso frequente e debole, emiplegia destra. Si fa diagnosi di trombosi cerebrale. Le condizioni generali si aggravano rapidamente e il 26 mattina si ha la morte.

All'autopsia si trova un rammollimento della parte inferiore delle circonvoluzioni frontale e parietale ascendente di sinistra, che si estende notevolmente alla sostanza bianca sottostante. Le arterie della base non rivelano alterazioni. I tronchi principali delle due art. Silviane sono invece ispessiti e beanti; rami più minuti della Silviana sinistra sono trombizzati.

Diagnosi: Melancolia.

OSSERVAZIONE IX. - M. G., di anni 54, massaia, coniugata, ammessa il 4 Marzo 1916.

Uno zio paterno e stato ricoverato in questo Manicomio.

Nessun fatto degno di particolare rilievo sino all'età di 15 anni, epoca in cui comparve la prima mestruazione. Le successive furono sempre piuttosto abbondanti, non accompagnate da dolori, regolari per qualità e intercorrenza. A 21 anni andò a marito ed ebbe 7 gravidanze: la quarta e la settima» interrotte nei primi mesi, le altre seguite da parti, puerperi, allattamenti fisiologici. A 49 anni entrò in menopausa senza evidenti disturbi. Stette sempre bene fisicamente, nè ebbe mai alcun disturbo psichico prima dell' attuale malattia.

Questa si sviluppò verso la metà del Gennaio u. s., in seguito alla notizia della morte del figlio soldato, avvenuta per colera in un ospedaletto da campo. Già dopo la partenza del figlio per la fronte, che ebbe luogo nell' Ottobre precedente, la preoccupazione ed il timore per la vita di questi, che era il sostegno economico della famiglia, avevano turbato profondamente la sua vita psichica; la notizia improvvisa della morte del figlio la fece cadere in uno stato di disperato dolore.
Fece propositi di suicidio: tentò di saltare dalla finestra e bevve una vecchia miscela di cloroformio e tintura di giusquiamo, riportandone serie conseguenze. Non voleva più cibarsi, piangeva continuamente ed esprimeva il desiderio di « voler seguire il proprio figlio », di « voler morire anche lei ». Di tanto in tanto aveva qualche giorno di calma, ma poi tosto ricadeva nei suoi disperati propositi, per cui fu ritenuto necessario il suo ricovero in Manicomio.

Stato presente: Donna di sviluppo scheletrico regolare in istato di buona nutrizione. Si presenta al medico ordinata nel contegno e nell'abbigliamento. La fisionomia è atteggiata ad evidente espressione di sconforto. Non appena le si rivolge la parola e già prima di entrare nel penoso argomento che la affligge, la malata dà in un profondo sospiro e si mette a piangere. Poi fra i singhiozzi racconta della morte del figlio ed ha per questo espressioni di vivissimo affetto.

Distratta dall'argomento, vi ritorna continuamente e sempre con le lacrime agli occhi. Ricorda con molta imprecisione il secondo tentativo di suicidio; esclude in modo assoluto il primo. All'infuori di questa lacuna, la memoria appare bene conservata. L'orientamento è buono.

Lamenta cefalea gravativa più intensa nelle prime ore del mattino.

Non ba mai avuto allucinazioni sensoriali. L'appetito è scarsissimo, il sonno irregolare.

Nulla di notevole all'esame somatico. Diagnosi: Melancolia.

OSSERVAZIONE X. - R. T., di anni 25, contadina, coniugata, ammessa il 7 Marzo 1916.

La nonna paterna sofferse disturbi mentali che non richiesero l'internamento in Manicomio. Un fratello
dell' inferma è alcoolista. Nulla di notevole nella vita sessuale. Sofferse di pleurite essudativa a 18 anni. L'ultimo parto avvenne nel Giugno 1915 e l'allattamento fu continuato fino al Febbraio 1916.

D'indole buona, mite, facilmente impressionabile, emotiva, era di intelligenza assai limitata. Non fu mai prima d'ora malata di mente.

La partenza del marito per il fronte, avvenuta nell'Ottobre 1915 e poi un incidente capitato a questo (la perdita dello zaino) nel Dicembre successivo e comunicato subito alla moglie con parole di disperazione, la fecero cadere in u no stato d'animo preoccupato ed ansioso. Cominciò a pensare che sarebbe stato impossibile ridare al marito ciò che era andato perduto, raccontava ai vicini con grandi smanie la disgrazia capitatagli, non si lasciava convincere da nessuno che l'incidente era rimediabile. Essa riteneva che questo fosse il preludio a disgrazia maggiore. Entrata in uno stato di agitazione ansiosa, manifestò propositi di suicidio e fece tentativi violenti contro i propri bambini.

Di notte non riposava. Aveva allucinazioni acustiche e visive. Si cibava scarsamente.

Stato presente: Donna di robusta costituzione scheletrica, in discreto stato di nutrizione. Incede con passo lento, quasi strascicato. È abbigliata ordinatamente. Pregata di sedersi, lo fa solo dopo insistenze, atteggiando il volto ad una espressione di noia e di dolore. Fa pochissimi gesti. parla in modo lento e piagnucoloso. Poco vigile l'attenzione, scarsa l'ideazione. La memoria ha qualche lacuna. È bene orientata. I suoi discorsi sono continue ripetute lamentele. Accenna ai motivi che l' hanno condotta qui con sufficiente coscienza e critica del suo stato mentale passato. Aggiunge però che teme di non potere guarire completamente, accusa mille mali, si lamenta dell'insonnia insistente, dice che nella notte vede continuamente davanti agli occhi fantasmi e bagliori, che sente fischi e voci che la tengono sveglia. L'affettività è scarsa. L'appetito è buono, il sonno è superficiale, agitato e limitato a poche ore, anche somministrando ipnotici.

Diagnosi: Melancolia.

OSSERVAZIONE XI. - L. M., di anni 35, casalinga, coniugata, ammessa il 28 Marzo 1916.

Tara ereditaria psicopatica negativa. Da bambina sofferse di adenite cervicale, che si ripetè poi anche durante la terza gravidanza. Nel Maggio 1915 fu malata di poliartrite reumatica. A 13 anni ebbe la prima mestruazione; le successive furono sempre regolari sino all'estate ultimo scorso. A 23 anni andò a marito: ebbe cinque gravidanze, di cui la prima interrotta al secondo mese, le altre a termine, seguite da parti normali. Ha avuto frequenti metrorragie, specie dopo l'ultimo parto che avvenne tre anni fa. Allattò tre dei suoi figli.

D'indole buona, affettuosa, d'intelligenza vivace, non ebbe disturbi psichici prima degli attuali. Era di umore abitualmente gaio, conduceva una vita famigliare tranquilla e felice.

Nell' Agosto u. s. alla notizia che suo marito era chiamato sotto le armi, reagì con un prolungato svenimento; poi nei giorni seguenti cominciò a divenire facilmente irascibile, sgridava e batteva senza motivo i suoi bambini, non faceva che lamentarsi, piangeva quasi continuamente. Di notte non dormiva, aveva allucinazioni acustiche, diceva di sentire « il grido di malaugurio della civetta», vedeva degli spiriti che l'avrebbero dovuta portare via. Calmatasi poi alquanto perchè il marito per due mesi non si allontanò da Modena, riprese a preoccuparsi e a piangere quando egli fu trasferito a Rimini e quindi a Cesena. Cominciò a disordinare nel bere, a fare spese eccessive ed assurde, a non avere più cura di sè e della casa.

Le mestruazioni, cessate nel Settembre 1915, in coincidenza con l'esordire dei disturbi mentali, sono riapparse il 27 Marzo 1916.

Stato presente: La costituzione scheletrica è regolare, lo stato della nutrizione buono, la cute e le mucose visibili pallide. La malata è bene orientata riguardo alle persone e al luogo: meno riguardo al tempo. È disordinala nell'abbigliamento, ha i capelli sciolti, la veste discinta. La espressione della fisionomia è mutevolissima: ora è atteggiata a dolore, ora è sorridente e fatua. Accusa mali insussistenti, adoperando un frasario impressionante. Dice che « non può fare un passo senza sentirsi sfinita », «tentasse camminare di più, svenirebbe », - « le emorroidi le producono dolori atroci », « non può digerire », etc. Emette spesso lamenti, ma riesce facilissimo il distrarla e allora parla correntemente e ride. Cammina con estrema lentezza appoggiandosi al muro, ma poi, al braccio del medico, procede speditamente e spinge la dimenticanza dei suoi mali fino al punto di correre. Nelle sue risposte, quando non sono lamentele, vi è sempre una tinta faceta umoristica ed ironica. Passa con facilità da un argomento all'altro senza che vi sia una connessione evidente. Una preoccupazione resta però in lei costante: quella di avere notizie di suo marito. Vorrebbe gli si mandasse subito un telegramma e insiste con espressioni teatrali per ricevere presto la fotografia sua e dei figli. Senza essere richiesta, esprime le sue convinzioni politiche estreme e fa in modo esagerato una dichiarazione di ateismo. Si diffonde quindi a parlare del come educherà i figli, specialmente la bambina e manifesta in proposito sentimenti etici ben poco elevati. Esistono disturbi psicosensoriali: dice di vedere « spiriti » e di sentire « voci ». Tutto il contegno dell'ammalata, comprese le manifestazioni affettive, è artificioso e caricato: talvolta essa dà l'impressione di recitare una parte in commedia.

Nulla di notevole all'esame somatico. Il sonno è scarsissimo; l' appetito eccellente.

Decorso: Dopo due settimane dal suo ingresso, la malata si presenta eccessivamente gaia, è irrequieta, iperattiva, instabile, esageratamente cerimoniosa, ideorrica.

Diagnosi: Ipomania.

OSSERVAZIONE XII. - R. V. di anni 19, casalinga, nubile, ammessa il 29 Marzo 1916.

Nulla di particolarmente notevole nell'anamnesi famigliare e in quella personale remota. La V. era d'indole buona, affettuosa, d'intelligenza vivace. Non è mai andata soggetta a disturbi mentali prima di questi, che esordirono bruscamente il 17 Gennaio 1916. La V, era intenta a ricamare presso le suore della sua Villa quand' ecco arrivare la posta: i giornali annunciano la chiamata a nuova visita di tutti i riformati delle classi 1886-1894. Scossa dalla notizia, sapendo che doveva pure presentarsi il fratello Don Arturo, in preda alla più viva disperazione si abbandonò ad un pianto dirotto. Per tutta la giornata e la notte seguente non si diede un momento di pace: si smaniava, gridava, piangeva, lamentava assoluta secchezza alla gola. La giornata seguente si mantenne più tranquilla, ma nella notte successiva tornò agitata e si fece delirante e confusa.

A poco a poco, dietro una cura conveniente, le condizioni psichiche migliorarono alquanto, tantochè fu possibile alla malata la vita in famiglia; ma poi verso la fine del Marzo ripresentò un' intensa agitazione motoria, cominciò a rifiutare ostinatamente il cibo, tentava di gettarsi dalla finestra e investiva violentemente i famigliari.

Stato presente: Giovane di costituzione scheletrica regolare, discretamente nutrita e sanguificata. Viene portata in Manicomio in istato di grave agitazione. Scomposta, aggressiva, deve essere trattenuta a viva forza.

Ha la pelle coperta da abbondante sudore, le labbra screpolate, l'alito fetido, il respiro affannoso. Si divincola furiosamente e, appena si lascia libera, batte chi le è vicino quasi senza guardare in faccia; si lancia verso la finestra e verso l'uscio, urta contro i mobili e le pareti. Non presta la minima attenzione, canta, grida, ride, impreca, dice parole sconnesse in modo affrettato. È dominata da disturbi psico-sensoriali. È ostinatamente sitofoba. Messa in letto, sobbalza di continuo, allontana le coperte e butta in terra il materasso. Si denuda, corre per la stanza vociando e battendo le mani. Bagni e impacchi tiepidi non danno alcun risultato. Solo dopo qualche iniezione di scopolamina e morfina si ottiene una calma discreta nel campo motorio. Continua però la fuga e l'incoerenza delle idee.

L' esame delle urine rivela tracce di albumina. Esiste coprostasi. Dopo cinque giorni dalla sua entrata in Manicomio, l'inferma giace in uno stato di esaurimento; ha febbre, che non supera però mai i 38,5; è accasciata, non parla, non reagisce che a stimoli violenti assorbe passivamente il nutrimento liquido che le viene porto.

L'esame fisico dell'apparato respiratorio non rivela nulla di anormale.

Nell'urina invece si trova albumina in discreta quantità e scarsissimi cilindri ialini.

In questo stato l'ammalata resta una settimana, dopo la quale essa ritorna di nuovo irrequieta. È però meno confusa, riesce a fissare un poco l'attenzione, risponde a tono a parecchie domande, sa dire il proprio nome, ma ignora ove attualmente si trova. Sa soltanto di essere stata fisicamente malata e di parlare con un medico. Non ricorda gli ultimi avvenimenti a datare dal trauma psichico che l' ha così sconvolta. Sa dare qualche notizia anamnestica, ma solo dopo non lievi sforzi per rievocare quanto le si domanda. È scomparsa la albuminuria. In seguito si manifestò un notevolissimo miglioramento.

Diagnosi: Amenza.



Limitandoci dunque allo studio delle malattie mentali nelle donne in rapporto alla guerra, in una regione che, come la nostra, non ospita fuggiaschi, dove la vita poco si scosta dal tranquillo andamento normale e dove le condizioni economiche precedenti e le provvidenze sociali attuali evitano alla popolazione sensibili privazioni alimentari, noi potremmo ritenere che le cause di maggiore morbilità siano state in molti casi in prevalenza patematiche.

Vi è un' enorme differenza fra l'organismo dei soldati, sottoposto a numerose cause di disagio fisico e morale, talora esaurito e intossicato dalla fatica, e l'organismo delle donne di cui abbiamo riferito le storie. Per queste non vale neppure il fattore alcoolico che ha una parte non trascurabile nell' eziologia delle psicosi nei soldati, molti dei quali passano dall' abuso di sostanze spiritose durante il periodo della coscrizione e
dell' attesa nei depositi distrettuali alla privazione di esse quando sono inviati alla fronte.

Nelle provincie da cui vengono le nostre malate l' alcoolismo nello donne è poco frequente e fra le inferme sopra ricordate, neppure una, prima di ammalarsi, era abituata all'uso eccessivo di alcool.

Nelle psicopatiche da noi seguite restano, uniche condizioni concorrenti col trauma psichico allo svilupparsi della malattia mentale, la predisposizione ereditaria e le modificazioni fisiologiche della vita sessuale.

Alla tara ereditaria nel senso generale della parola, è sempre stato assegnato il primo posto nella genesi delle malattie mentali; ma tale dogma, in questi ultimi anni, è stato un po' scosso e non riceve più l'universale consenso che aveva presso l'antica psichiatria.

Sono state eseguite ricerche statistiche da Koller, Diem e specialmente da Scholomowitsch, prendendo in esame non solo gli antecedenti ereditari di malati di mente, ma anche quelli riguardanti persone sane, considerate come materiale di confronto e di controllo. 1

1 A. S. Scholomowitsch. Hereditat und physische Entartung bei Geìsteskranken und geistig Gesunden. Monatschrift f. Psychiatrie u. Neuroloqie, 1914. Vol. XXXVI. Fasc. 4.

 Ne è risultato che fra i sani, gli individui con labe ereditaria rappresentavano una percentuale di poco inferiore a quella che si osserva fra i malati di mente, per cui Scholomowitsch ha dedotta la conclusione che la ereditarietà non deve essere considerata come il primo e più importante fattore nell' eziologia delle psicosi.

Non mi sembra però inopportuno far notare che il concetto di tara ereditaria in senso lato, come lo considera Scholomowitsch, comprendendo cioè insieme alle malattie nervose e mentali anche l'alcoolismo, la lue, la tubercolosi, etc. degli ascendenti, non può affermarsi in modo assoluto, mentre è indiscutibile che l'esservi nella famiglia malati di mente assume nei riguardi dell'eredità una speciale importanza. Tale importanza del resto risulta dalle stesse cifre dello Scholomowitsch, il quale, in un esame qualitativo dei fattori ereditari, ha trovato che le malattie mentali figurano nella percentuale del 14,9 nei genitori di malati di mente, e solo del 3,0 nei genitori di individui normali; si ha una preponderanza cioè dell' 11,9 % nei primi.

Questo dato quindi è una luminosa conferma di quanto la maggioranza degli Autori ha ammesso ed ammette tuttora: dell'influenza grandissima che il fattore ereditario esercita nel determinismo delle malattie mentali.

Alle cause esogene spetta di conseguenza una minore dignità etimologica rispetto al fattore endogeno. A questo proposito, così si esprimono Tanzi  e Lugaro nel loro Trattato: « È perciò necessario ammettere la sufficienza del fattore interno quando l'esterno manca e la sua preminenza quando l'agente esterno c'è o sembra esserci, ma non supera l'importanza d'un avvenimento dozzinale». 1

1 E. Ta n z i , E. Lugaro. Ialattie mentali. II Ediz. VoI. I. Milano


La sifilide, la tubercolosi, l'alcoolismo, la gravidanza, il puerperio, l' allattamento, e così tutte le altre cause somatiche possono essere considerate come elementi perturbatori dell'equilibrio organico ed in secondo luogo delle funzioni mentali. Altrettanto dicasi di un'altra categoria delle cause esogene: di quelle psichiche e, fra queste, delle « emozioni » in particolare. Su queste ultime va fissata in modo speciale la nostra attenzione.

Invocate anche oggidì quasi sempre dai profani come cause di pazzia, le emozioni sono state ritenute dagli alienisti fino alla metà del secolo scorso come fattori etiologici di grande valore.

Ma quando i concetti di ereditarietà, infezione, intossicazione cominciarono a prendere campo e vennero meglio studiati e interpretati i loro meccanismi patogenetici, alle emozioni fu assegnato un posto secondario fra gli agenti causali delle psicosi.

Lo studio poi delle psiconeurosi, che rivelò lo strettissimo nesso fra cause emozionali ed imponenti manifestazioni somatiche e psichiche, indusse a meglio ricercare se tale rapporto poteva sussistere anche per le malattie mentali.

Si può ritenere che oggi esistano due correnti in proposito che divergono però soltanto riguardo al grado maggiore o minore da assegnarsi alle emozioni quali generatrici di psicosi, poichè nessuno nega completamente la loro importanza.

Sono note infatti le reazioni che le emozioni e le passioni possono avere sulle funzioni circolatoria, digestiva e respiratoria.

In seguito ad una emozione, specialmente se dolorosa, si verificano cambiamenti bruschi del polso e del respiro, come hanno dimostrato Mosso, Patrizi, Lehmann, Dumas, Feré, Binet, Dubois, Cannon, etc. Negli stati emotivi prolungati inoltre l'appetito diviene scarso, il sonno irregolare e nella donna si possono avere anche ripercussioni nella sfera genitale.

Ne soffre lo stato generale della nutrizione: il peso corporeo diminuisce.

Ma, insieme a queste grossolane alterazioni somatiche, le emozioni sono capaci di produrre anche disturbi psichici di varia intensità. Tali disturbi possono verificarsi immediatamente dopo il trauma psichico subito o in tempo più o meno lontano da questo.

Per quale meccanismo le emozioni possano determinare questi stati psicosici noi non sappiamo ancora bene (Kraepelin 1).

1 E. Krapelin. Psychiatrie - 8 Aufl. - VoI. 1. Leipzig.

Vi è chi attribuisce alle emozioni « un'azione diretta disintegratrice sul cervello » e ritiene che « non debba mai mancare tale disturbo nervoso primitivo », che può essere predominante o nascosto a seconda che le alterazioni delle funzioni della vita vegetativa prendono o no il sopravvento su quelle della vita di relazione
(De Sanctis 2).



2 S. De Sanctis. Patologia e profilassi mentale in Trattato di Medicina sociale, dir. da Tamburini e Celli Milano,


Vi è al contrario chi ritiene i disturbi psichici secondari alle emozioni dovuti soprattutto ai processi di autointossicazione provocata dai turbamenti delle funzioni viscerali e dalle modificazioni dell'equilibrio vasale e secretore dell'ambiente, dando nello stesso tempo un grandissimo valore al fattore predisposizione (Tanzi e Lugaro).

Si porta a sostegno della prima interpretazione, che cioè l'emozione e la passione abbiano prodotto e mantengano disturbi cerebrali primari, il fatto che, in alcuni casi, gravi sintomi psichici consecutivi a scosse morali, non erano accompagnati da segni somatici evidenti quali perdita di peso del corpo, disturbi digestivi e circolatori, etc. (De Sanctis).

È poi noto ad ogni alienista come in malati di mente bastino talora emozioni anche lievi (notizie o visite di parenti, brevi uscite dal Manicomio, etc.) per provocare immediati peggioramenti nel loro stato e comparsa di sintomi assopiti: fasi ansiose, eccitamenti maniaci, idee deliranti.

Malattie mentali di origine squisitamente psicogena sono poi da considerarsi le psicosi indotte (Bonhoeffer 1), che si sviluppano talvolta anche sotto l'influenza di stati sentimentali non molto appariscenti.


1 K. Bonhoeffer. Wie weit kommen psychogene Kraukheiteustaende und Krankheitprozesse vor die nicht der Hysterie zuzurechnen sind f Allgern. Zeitschrift f. Psychiatrie. Voll. 68. Fasc. 3.


Nè deve trascurarsi il nesso che intercede fra il trauma psichico e le caratteristiche delle psicosi. Talora tale relazione manca e si osservano così individui in cui si sviluppa una mania, mentre la causa occasionale che l' ha provocata era un avvenimento doloroso, e viceversa. Il più delle volte però ad una emozione triste segue una melancolia e, ciò che più importa, le idee deliranti che man mano sbocciano sono perfettamente intonate alla causa occasionale.

Voss 2dice che da tali casi non si possono sempre nettamente separare le così dette « depressioni reattive di Reiss », stati distimici che si manifestano in seguito a gravi insulti psichici in soggetti che non avevano sofferto fino allora disturbi mentali, ma il cui umore era cronicamente depresso.



2 G. VOSS. Dis Aetiologie der Peychosen. Nel Tratt. di Psichiatria di Aschachaffenburg, 1915.



Dupré 1 attribuisce alle emozioni, sia subitanee che ripetute, una parte nell'orientamento, nel rinforzo e nella cristallizzazione del delirio in quel gruppo di malattie che egli comprende sotto il nome di « psicosi allucinatorie croniche ».


1 E. Dupré. Du ròle de l'émotion  dans la genèse des accidents psychopathiques. Revue Neuroloqique. Vol. XVII. N. 24.

Bleuler 2, pur ritenendo che con la massima probabilità la demenza precoce sia indipendente da cause psichiche, riconosce che queste possono però avere una certa importanza nel dare il colorito alla sintomatologia. Gli effetti di tali cause, secondo Bleuler, potrebbero essere grossolanamente paragonate alle emottisi che si verificano in seguito ad uno strapazzo in un tubercoloso, i cui vasi polmonari siano già precedentemente alterati.

2 E. Bleuler. Dementia praecox nel Trattato di psichiatria,; Aschafenburq, 191:


Per altre forme di psicosi, i fatti somatici imponenti danno ragione a quelli, che ammettono che una grave scossa emotiva agisca mediatamente, per alterazioni viscerali sul sistema nervoso.

I casi estremi ci sono offerti dai deliri ansiosi, rapidamente mortali, che si osservano, sebbene di rado, in seguito a gravi spaventi, dopo cataclismi e calamità. Casi intermedi e lievi si possono considerare alcuni quadri di amenza e di confusione mentale.

La mancanza di sonno, le gravi perturbazioni viscerali che arrestano la nutrizione, l'irrequitezza e, in seguito, l' agitazione motoria, caricano l' organismo di tossici, ne diminuiscono la resistenza e facilitano lo sviluppo di forme infettive.

Bouchard, fondandosi sulle esperienze dei suoi allievi Charrin e Roger, dimostrò che in animali spauriti e sottoposti a scosse meccaniche, le funzioni nutritive si alteravano e i germi potevano entrare in circolo.

Le ripetute emozioni potrebbero poi favorire lo sviluppo dell'arteriosclerosi e condurre a lesioni cerebrali. I fattori psichici infine possono determinare crisi in epilettici e provocare addirittura accessi convulsivi in individui già tarati (Epilessia affettiva di Bratz).

Comunque si voglia spiegare il modo di agire delle emozioni, sia che si ritenga che agiscano direttamente o no sulle funzioni cerebrali, è però necessario ammettere che non bastano da sole a produrre malattie mentali: insieme ad esse deve concorrere un fattore endogeno congenito od acquisito, che rappresenta il terreno propizio per lo sviluppo delle psicosi.

Nessuno esclude infatti la grande parte che tiene sempre quest'ultimo elemento e tutti sono d'accordo
nell' ammettere che l'individuo in qualche modo tarato reagisce molte volte ad uno stimolo emozionale in modo abnorme, patologico. Il trauma psichico si dimostra in questi casi il rivelatore di un substrato morboso latente, di una costituzione nervosa difettosa e diviene la causa provocatrice dell'esplosione psicopatica.

Nessuna discussione perciò sul limitato valore etiologico del fattore emotivo per tutte quelle nostre ammalate (Osservazioni I, II, IV, V, VI, VIII, IX e X), che portavano nella loro anamnesi una predisposizione di origine ereditaria od acquisita.

Una speciale considerazione meritano invece quei casi ad anamnestico puro, in cui la psicosi sembrava avere diretto rapporto col trauma psichico in connessione con gli avvenimenti della guerra.

Questi sono soltanto quattro (Osservazioni II, VII, XI e XII) e rappresentano appena un terzo delle donne di cui abbiamo riferito la storia. È un numero molto esiguo, se si considera che nel nostro Istituto vengono ricoverati tutti i malati di mente delle Provincie di Reggio e di Modena.

Questi pochi casi sarebbero i più atti a dimostrarci che gli avvenimenti della guerra non sono rimasti senza ripercussione sulle funzioni mentali della donna. Ma noi dobbiamo invece suppone che anche in questi casi abbia collaborato insieme al trauma psichico un fattore endogeno da noi ignorato, che ha reso queste nostre malato eccezionalmente sensibili allo  stimolo emozionale.

In tempi normali un dolore psichi co ugualmente intenso avrebbe forse potuto provocare simili episodi. Difficilmente però si può immaginare, all'infuori di un periodo di guerra, un insieme di circostanze, che sottoponga la donna a prolungate emozioni, a ripetute ansiose attese, a timori fondati, a tristi presentimenti, a continue rievocazioni di persone care in situazioni pericolose e tragiche.

L'idea della guerra, con tutte le sue conseguenze, diventa quasi un ossessione angosciosa a cui moltissimi sono sottoposti.

Fra i tanti, alcuni, a più debole immunità psichica, reagiscono con una malattia mentale, che porta spesso l'impronta degli avvenimenti dell'epoca e rappresenta talora come l'esagerazione dello stato d'animo che l' ha preceduta.

Difatti il genere di psicosi capitate alla nostra osservazione è degno di particolare rilievo. Su dodici ammalate ben nove presentavano forme distimiche; due casi erano classificabili fra le forme tossi-infettive; un' unica donna presentava i sintomi della demenza precoce.

Ma delle nove forme distimiche sette offrivano il quadro della melancolia; due sole erano state accolte in istato di eccitamento maniaco.

Nella maggior parte dunque di queste ammalate, il carattere dei tempi aveva dato al quadro psichico un' impronta ed un colorito speciale, riflettente cioè l'emozione dolorosa legata agli avvenimenti della guerra.

Tale predominio delle forze depressive si trova già registrato nella letteratura psichiatrica della guerra attuale e delle precedenti (Buscaino e Coppola, Art. Morselli, Saenger, Fuchs, Morel, etc.).

Concludendo, da tutto quello che abbiamo riferito risulta che il trauma emozionale in rapporto alla guerra ha dato a tutte le nostre ammalate il suo contributo etiologico; che se in alcune di esse l'elemento psichico appare unica causa diretta della malattia, con ogni probabilità, anche in queste non deve essere considerato come tale, avendo forse agito in collaborazione con fattori Interni, rimasti fino allora latenti e inoperosi.

Lo fa supporre il fatto che nell enorme dilagare di apprensioni, di ansie e di dolori, poche sono state le donne che hanno reagito con la pazzia. Questa, dice Enrico Morselli 1, è  «nella grande maggioranza dei casi (per non dire quasi sempre) il prodotto dell'associarsi di più cause, le quali possono agire contemporaneamente o con successione cronologica, ma sempre si combinano in modo assai complesso fra loro ».

1 E. Morselli. Manuale di Semeiotica delle malattie mentali. VoI. I

Si può, è vero, comprendere che fra i soldati, come ha asserito di recente Arturo Morselli 2, abbiano a verificarsi malattie mentali che meritano propriamente il nome di psicosi da guerra, perché si sviluppano specialmente per le emozioni del combattimento.



2 A. Morselli. Psichiatria di guerra. Quaderni di Psichiatria. Vol. III, N. 3-4.



Ma sul campo di battaglia, in certi momenti, i traumi psichici sono così frequenti e così gravi, da sorpassare la resistenza nervosa dell'individuo medio. Il soldato che partecipa alle odierne battaglie, assiste a spettacoli racpriccianti, a ecatombi di compagni e sente e vede il pericolo mille volte attorno a sè . Jacoby ha paragonate le battaglie moderne - per quanto concerne i loro effetti psichici - ai grandi cataclismi cosmici, quali i terremoti e le eruzioni vulcaniche.

Per la donna invece la guerra rappresenta solo un'immensa fonte di dolore, un succedersi di ansie, un motivo di pianti disperati e di rinunce amare. Ma quasi mai, se non esistono altre cause predisponenti, le manifestazioni del dolore oltrepassano la normalità o deviano nella pazzia.

Perciò non si può accusare la guerra di aumentare da sola il numero delle malate di mente. Le si può forse attribuire, per il tramite della donna, una ripercussione nell'avvenire.

Le generazioni concepite negli anni di guerra pagheranno un maggior tributo alle malattie mentali, tarda manifestazione delle sofferenze e delle angosce subite dalle madri; ma, come per secoli e secoli è avvenuto, in un tempo più o meno lungo la stirpe umana si riavvicinerà al tipo normale da cui era stata deviata e la vita riprenderà vittoriosa il suo cammino ascensionale.

Giugno 1916.